Parafrasando il celebre titolo sergioleonesco de "Il Buono, Il Brutto e il Cattivo" ho deciso di cercare di capire in che ordine di priorità mettere nella mia vita queste tre importanti qualità etiche ed estetiche. Il risultato è quello del titolo naturalmente.
L'essere buoni è una qualità indispensabile per raggiungere equilibrio e forza interiori, l'essere buono è anche giusto.
Essere buoni significa non possedere alcuna forma di avidità verso l'esistenza.
Nella poesia greca la giustizia si configura come ordine che presiede non solo allo svolgimento dei rapporti umani, ma all'intero corso del cosmo, dove ogni cosa assolve il proprio compito e la propria funzione.
È giusto dare soldi per strada? Come si organizza un party ecologico? Il mio ex si è iscritto a un corso di aggiornamento nel posto dove lavoro: posso dire al mio capo di trasferirlo in un altro ufficio?".
Sono alcuni dei quesiti, in apparenza strambi, che i lettori pongono dalle pagine di giornali anglosassoni come New York Times, Guardian e Observer. E che poi rimbalzano sul Web.
Tanto che l'ecologista Ethan Greenhart sul suo sito Spiked ("libero pensiero contro il pregiudizio, la misantropia, il luddismo e l'irrazionalismo") fornisce pareri a proposito del grado di eticità "nel festeggiare San Valentino", piuttosto che "nell'inviare lettere bomba".
E che dire del filosofo Julian Baggini, che gestisce forum online per The Philosopher's Magazine su temi come "Chi è responsabile della povertà del pianeta?" e "I computer hanno una coscienza?".
Sono dilemmi morali, interrogativi grandi e piccoli su come si debba vivere che affollano anche le librerie.
In questi giorni esce in Italia La vita ridotta all'osso (Ponte alle Grazie) di Leo Hickman, che dalle pagine del Guardian (riprese da Internazionale) risponde a montagne di quesiti sull'ecocompatibilità degli stili di vita.
Ma a dispensare qualche regola di condotta nel caos delle esistenze odierne, ci pensano anche i libri di celebri filosofi.
C'è fame di etica, sull'onda di un tendenza proposta dal mondo anglosassone che dilaga anche in altre parti del mondo globalizzato, portandosi appresso una matrice di "politicamente corretto" e utilitarismo filosofico. Ma non si tratta di una morale sistematica: potremmo piuttosto definire questo fenomeno "etica delle piccole cose" o "etica della vita di tutti i giorni", che si traduce di frequente in una sorta di ecologia dell'esistenza quotidiana.
La gravità della questione ambientale - assieme alla percezione sempre più netta delle sue conseguenze su scala globale - guida infatti le classifiche delle preoccupazioni collettive: crisi ecologica, global warming, gli allarmanti scenari delle prossime "guerre dell'acqua", che ci spingono a ricercare modalità rinnovate di convivenza comunitaria, a partire dal comportamento dei singoli.
Il "come si vive" ha di sicuro una fortissima deriva ambientalista e si traduce nell'autorganizzazione di gruppi paladini dell'ambiente e di una vita cosiddetta slow.
Negli Stati Uniti l'agguerrito movimento del Food Activism sprona i consumatori a esprimere un'opinione ogni volta che vanno a fare la spesa.
Via dal carrello i cibi delle multinazionali che non rispettano l'ambiente; dentro i prodotti del commercio equosolidale.
Alla bellezza dedicherò un altro post,
volevo solo aggiungere che io dovrei scrivere il bello, il giusto e il buono,
È giusto dare soldi per strada? Come si organizza un party ecologico? Il mio ex si è iscritto a un corso di aggiornamento nel posto dove lavoro: posso dire al mio capo di trasferirlo in un altro ufficio?".
Sono alcuni dei quesiti, in apparenza strambi, che i lettori pongono dalle pagine di giornali anglosassoni come New York Times, Guardian e Observer. E che poi rimbalzano sul Web.
Tanto che l'ecologista Ethan Greenhart sul suo sito Spiked ("libero pensiero contro il pregiudizio, la misantropia, il luddismo e l'irrazionalismo") fornisce pareri a proposito del grado di eticità "nel festeggiare San Valentino", piuttosto che "nell'inviare lettere bomba".
E che dire del filosofo Julian Baggini, che gestisce forum online per The Philosopher's Magazine su temi come "Chi è responsabile della povertà del pianeta?" e "I computer hanno una coscienza?".
Sono dilemmi morali, interrogativi grandi e piccoli su come si debba vivere che affollano anche le librerie.
In questi giorni esce in Italia La vita ridotta all'osso (Ponte alle Grazie) di Leo Hickman, che dalle pagine del Guardian (riprese da Internazionale) risponde a montagne di quesiti sull'ecocompatibilità degli stili di vita.
Ma a dispensare qualche regola di condotta nel caos delle esistenze odierne, ci pensano anche i libri di celebri filosofi.
C'è fame di etica, sull'onda di un tendenza proposta dal mondo anglosassone che dilaga anche in altre parti del mondo globalizzato, portandosi appresso una matrice di "politicamente corretto" e utilitarismo filosofico. Ma non si tratta di una morale sistematica: potremmo piuttosto definire questo fenomeno "etica delle piccole cose" o "etica della vita di tutti i giorni", che si traduce di frequente in una sorta di ecologia dell'esistenza quotidiana.
La gravità della questione ambientale - assieme alla percezione sempre più netta delle sue conseguenze su scala globale - guida infatti le classifiche delle preoccupazioni collettive: crisi ecologica, global warming, gli allarmanti scenari delle prossime "guerre dell'acqua", che ci spingono a ricercare modalità rinnovate di convivenza comunitaria, a partire dal comportamento dei singoli.
Il "come si vive" ha di sicuro una fortissima deriva ambientalista e si traduce nell'autorganizzazione di gruppi paladini dell'ambiente e di una vita cosiddetta slow.
Negli Stati Uniti l'agguerrito movimento del Food Activism sprona i consumatori a esprimere un'opinione ogni volta che vanno a fare la spesa.
Via dal carrello i cibi delle multinazionali che non rispettano l'ambiente; dentro i prodotti del commercio equosolidale.
Alla bellezza dedicherò un altro post,
volevo solo aggiungere che io dovrei scrivere il bello, il giusto e il buono,
questo è forse l'ordine più vero per me...
Il buono, il giusto e il bello
è la sequenza più giusta in senso lato
ma se devo essere sincera questa è quella che mi piace di più.
Avevo relegato il bello alla fine, ma per me è all'inizio di tutto.
Non potrei vivere senza bellezza